Andrea Camilleri e la casa dei giorni lontani
CAMILLERI, UN ANNO DOPO In un’intervista del 2007 ad Andrea Camilleri, Salvatore Picone ha raccolto il ricordo dello scrittore su uno dei luoghi della sua memoria andato distrutto qualche anno fa.
Andrea Camilleri non c’è più da un anno. Porto Empedocle, Agrigento, la Sicilia, l’Italia intera ricorderà lo scrittore con la voce profonda, l’uomo saggio che aveva attraversato un secolo di vita italiana. Lo vogliamo ricordare, non solo tornando a leggere i suoi libri, ma ripercorrendo, lungo la “strada degli scrittori”, il sentiero camilleriano che ovviamente ci porta prima di tutto a Porto Empedocle, il suo paese. Alla Torre Carlo V, lungo il corso, al porto. Un luogo dove manca, però, una casa. Una grande casa di campagna che apparteneva alla famiglia materna dello scrittore. Doveva essere destinata a sede della Fondazione culturale, parecchi anni fa. Non se ne fece nulla. La casa andò a pezzi.
Da ragazzo Camilleri sognava di farci un teatro. Me ne parlò nel 2007, in un’intervista dedicata proprio al ricordo di questo luogo di cui proponiamo qui uno stralcio.
Parliamo dei ricordi a Porto Empedocle in quella casa dei nonni, dove ha trascorso le estati della sua infanzia…
“Sa che porto nel portafogli?”
Cosa?
“Non ci sono le foto di mia moglie o dei miei figli o dei miei nipoti… c’è la foto di questa casa che tengo sempre con me”.
Vorrebbero farne un centro culturale…
“E’ una cosa molto bella, davvero. Anche perché mi pare che sia adatta per queste cose”.
Com’è?
“Grandissima. Pensi che ci abitavamo in tanti, grandi e piccini. Ci sono le cantine che sono grandi quanto tutta la casa, un unico spazio vuoto, come si facevano una volta. Quand’ero giovane volevo farci un teatro vero. Ma non avevo abbastanza soldi per realizzarlo”.
Un centro che raccolga le sue opere, la sua attività letteraria, un po’ come la Fondazione Sciascia a Racalmuto…
“Certo. Un luogo dove si respira cultura è sempre una cosa positiva”.
C’è un ricordo particolare che lo lega a questa campagna?
“Ce ne sono tantissimi. Ricordo mio nonno che quando si spostava dal paese per andare in estate in campagna si preparava come se dovesse affrontare un lungo viaggio. E si trattava di una manciata di chilometri”.
Salvatore Picone