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Arianna Mortelliti racconta il nonno Andrea Camilleri

di Felice Cavallaro

Intervista di Felice Cavallaro alla nipote dello scrittore empedoclino autrice di un romanzo dedicato agli ultimi giorni di vita del nonno. I ricordi e i ritorni a Porto Empedocle, la “vera” Vigàta di Montalbano

Da un baule è appena saltata fuori una foto di Andrea Camilleri in costume a Marinella, sulla spiaggia della “vera Vigata”. In controluce, i piedi in acqua, gli occhi su una bimba sottile, i braccioli rosa su un corpicino abbronzatissimo. E’ la scoperta di un trasloco che ha amplificato in quella bimba, Arianna, oggi trentaseienne insegnante di Scienze, l’emozione e il ricordo di “un nonno vigile, eppure mai assillante, sempre vicino ma senza interferire, lasciando libertà, con massima cura e altrettanta discrezione, pronto comunque a soccorrere…”. Ecco il profilo che Arianna Mortelliti, figlia di Rocco il regista e di Andreina, una delle tre figlie dello scrittore, fa del famoso nonno con milioni di libri venduti in tutto il mondo.

Un nonno…
“Amato per una vita. E seguito da vicinissimo nel suo ultimo anno, fra 2018 e 2019. Non mi staccavo più quando, già cieco da tempo, dopo la rottura di un femore, era costretto sulla sedia a rotelle”.

Lo aiutava a scrivere?
“Non insegnavo ancora Scienze nei licei e stavo sempre accanto a nonno, nel suo studio a Roma, insieme al computer”.

Per l’ultimo libro?
“Per il suo ultimo sforzo letterario, L’autodifesa di Caino, il monologo che sperava di potere portare al teatro”.

Come nascevano le pagine?
“Sono stata i suoi occhi. E le sue mani. Lui dettava, io battevo sui tasti, poi leggevo a voce alta, correggevamo insieme, rileggevo… Diventando sempre più amici e confidenti. Un’esperienza che mi ha legato ancora di più a quel nonno meraviglioso ritrovato nella foto”.

Lei piccola a Porto Empedocle.
“Una foto scattata sulla spiaggia fra la Scala dei Turchi e i Templi di Agrigento. Appunto, nella ‘Vera Vigata’…”.

Quella del Commissario Montalbano.
“Dove torno appena posso. Fra quei vicoli mi sembra d’esserci nata. E, come mia madre, pure lei romana, mi sento un po’ siciliana, tanto nonno ci ha fatto amare questa sua terra…”.

L’ultimo ricordo di Andrea a Vigata?
“Pasqua nel 2017. Ci volle tutti a Porto Empedocle, cuore dei suoi libri, anche se la regia televisiva per Montalbano ha scelto le meraviglie del barocco ragusano”.

Figlie e nipoti a Vigata?
“Fu l’ultimo viaggio. Noi fra la statua di Pirandello e quella di Montalbano che ha i baffi e capelli lunghi. Ovviamente a cena nella trattoria del vero Commissario, dal nostro amico Enzo Sacco. Io, vegetariana, una pasta alla carrettiera. Nonno, già tenuto a dieta, invece in libero sfogo, fritture comprese. Musica siciliana per tutta la sera. Felice come un bambino. Mangiava di tutto”.
Anche i peperoni? Visto che lei adesso è in giro per presentare il suo primo romanzo, Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni. Un titolo che fa pensare a masterchef e dintorni….
“Fuori strada. La trama è legata all’ultimo mese di vita di nonno Andrea. Il mese del coma. Nel 2019. Comincia il 17 giugno e si conclude il 17 luglio. Il protagonista del romanzo è un vecchio signore che sembra vegetare per un mese in corsia. Visitato a turno da parenti e amici, pronti a raccontare sé stessi davanti a chi forse non ascolta più o, forse, percepisce ancora. Un intreccio di dialoghi, di storie con un finale a sorpresa”.

Come succede nei gialli di Camilleri
“Nessun confronto, per carità. Ma cerco di capire anche cosa può avere percepito. Per un mese tutti noi accanto a lui. A scrutare l’accenno di un sorriso, una palpebra che si schiude. Le macchine ti dicono che non c’è corrispondenza. Ma forse non è così. Una condizione dolorosa. Cosa anima ancora quella testa? I suoni, le carezze, i sospiri arrivano? Ci ho messo un anno a riprendermi. E un anno dopo mi sono fatta aiutare dalla fantasia per capire. Anche per capire me stessa”.

Quando comincia a scrivere Arianna Mortelliti?
“Da sempre. Da bambina. Ho sempre tenuto un diario. Appunti di una vita. Adesso il salto. Realizzato con l’immaginazione, dono del nonno”.

Che cosa le raccontava?
“Ho trovato un suo libricino scritto nel 1994 “Storie per Arianna”, filastrocche molto divertenti. Le stesse che mi raccontava. Scritte per me. Esiste solo per me. Un tesoro”.

Un inedito da pubblicare?
“Non lo so”.

Un ricordo intimo?
“Nonno faceva il riposino pomeridiano. Vizio che ho ereditato. Già da piccola alle 15.30 lo svegliavo con il caffè. Mi lasciava il fondo di zucchero. Io ghiotta. Con un cucchiaino assaporavo e lui cominciava a raccontare di gnomi, animali, personaggi di invenzione…”.

La prima complicità?
“Il sabato era il nostro giorno. Sapevo di trovarlo all’uscita della scuola sempre seduto sulla panchina. Pronto a comprarmi le patatine al formaggio prima di andare a tavola. Cosa vietata da mia madre. Monelleria concessa dal nonno che mi viziava di nascosto”.

I “peperoni” in libreria si aprono con una dedica a suo padre, Rocco Mortelliti
“E’ stato lui a spronarmi. Scrivi, mi diceva. Amava questo versatile suocero che fece anche recitare come attore nei panni di un vecchio archeologo, ne ‘La strategia della maschera’”.

Chi ha letto il romanzo per primo?
“Un grande amico di nonno, Maurizio De Giovanni, lo scrittore spesso a cena da noi. Lo puoi pubblicare. Superato il primo esame, bisognava capire con chi. Ed è entrata in campo Simonetta Agnello Hornby, un’altra grande amica di nonno e di nonna Rosetta che oggi ha 95 anni. Contatto immediato con Mondadori”.

Nonna Rosetta?
“Stupenda, forte, autonoma. Ma in estate è una fortuna che la nostra Simonetta trascorra con lei tante settimane in montagna a Santa Fiora”.

Un lungo amore quello dei nonni
“Sessanta anni insieme. Io cerco di capire come si fa. Ho studiato gli ingredienti. La comunicazione e la comprensione. Si scambiavano tante idee e prevaleva sempre il rispetto della libertà dell’altro. Senza rinunciare alla loro vita individuale, come persone pronte a completarsi”.

Mamma Andreina?
“Mia prima lettrice. Ma a romanzo finito”.

Adesso?
“Do una mano a lei e alle sue sorelle, Elisabetta e Mariolina, per il ‘Fondo Camilleri’ istituito a Roma”.

Ma davvero è tanto importante la “vera Vigata”?
“Rispondo con due parole: San Calò. Cioè San Calogero. Secondo nome di nonno. Ateo, un po’ come me, eppur devoto al santo nero che a Porto Empedocle si festeggia il 6 settembre”.

È la data di nascita di Andrea Calogero Camilleri
“Infatti, nonno diceva che quel giorno San Calò usciva dalla chiesa e lui dal ventre di sua madre. Quando nacque passava sotto casa la processione. Il santo quasi all’altezza della finestra. La levatrice si affacciò col bimbo in braccio mostrandolo al santo che ha sempre un libro in mano. E profetizzò: ‘Diventerà dotto’”.

Da “Corriere della sera” (26 giugno 2023)