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Dalla nostra “Liberazione” all’Ucraina

di Felice Cavallaro

Dalla storia di Mario Avagliano e Marco Palmeri Paisà, sciuscià e segnorine alla cruda attualità dei versi di Vincenzo Celia

La celebre foto di Robert Capa

 

La vigilia del settantanovesimo anno dalla liberazione dell’Italia dal fascismo coincide con una domenica carica d’angoscia perché siamo esattamente a due mesi dall’inizio di una guerra che l’Europa subisce per colpa di un autocrate, di un despota, di un dittatore che non ha alcuna giustificazione storica nell’avere raso al suolo intere aree di territorio di uno Stato sovrano come l’Ucraina, convinto che la democrazia sia una degenerazione occidentale.

Interessato solo all’espansione dei confini o, come sostiene, a riprendersi i territori sottratti a quella che fu l’Unione sovietica (o l’impero degli zar!), Putin non si fa scrupolo di bombardare città e popolosi agglomerati senza pensare a bimbi ed anziani, ad intere famiglie sterminate in centri abitati ridotti a tappeti di cadaveri.
L’atrocità della guerra va raccontata, come facciamo oggi proponendo la lettura di un libro scritto dagli storici Mario Avagliano e Marco Palmeri sulla liberazione, sulla resistenza e sulla ricostruzione degli anni Quaranta nell’Italia devastata dal fascismo, dal nazismo e dalle sofferenze subite sotto il fuoco amico dei liberatori anglo-americani.

 

Un approfondimento che faremo con gli studenti del liceo Empedocle di Agrigento mercoledì 27 aprile discutendo nella Città dei Templi con Avagliano e con un altro storico, Lino Buscemi, delle pagine più significative di Paisà, sciuscià e segnorine (il Mulino), titolo accattivante su una storia che comincia con lo sbarco alleato del 9 luglio 1943 lungo la costa fra Gela e Licata.
Un evento che la Strada degli Scrittori approfondirà sempre di più nei prossimi mesi per farne oggetto di una serie di eventi in programma per il 2023 quando saremo a 80 anni da quel pezzo di storia da studiare e raccontare nella speranza di non ripetere errori ed orrori del passato.
Gli stessi proposti qui con gli appassionati versi di un giovane poeta, Vincenzo Celia, pronto a ricordarci che dove c’è un tiranno non c’è pace. La stessa che il nostro pur controverso e contradittorio Occidente cerca dai tempi della rivoluzione francese continuando a sperare in fraternità, libertà e uguaglianza.

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Il silenzio sale come un canto

 

I “RISVOLTI” DELLA DOMENICA / “Paisà, sciuscià e segnorine”