I “RISVOLTI” DELLA DOMENICA / “Il polentone”
Rubrica a cura di Salvatore Picone
Chissà perché, quando ho iniziato a leggere Il polentone di Michele Guardì, da poco pubblicato da Baldini+Castoldi, ho pensato alla storia di monsignor Ficarra, vescovo di Patti, raccontata da Leonardo Sciascia in quel piccolo e delizioso libretto che è Dalle parti degli infedeli. Le imposture che spesso facevano (fanno?) i Partiti – e qui, tra queste pagine, i numeri falsi delle tessere della Democrazia Cristiana di un paese della Sicilia nei primi anni Settanta – movimentavano spesso, nel bene e nel male, la vita di una comunità. E nel paese immaginario (Castroianni) nato dalla fantasia dell’autore succede di tutto intorno a questa impostura, come si accenna nel risvolto di copertina che pubblichiamo questa domenica.
Ho pensato dunque a Sciascia, leggendo questa “commedia siciliana” di Michele Guardì. Ma anche a Pirandello e a Camilleri. Ma soprattutto sono tornato, dopo la scorrevole lettura del libro – con un “polentone” funzionario democristiano che arriva dal nord e rimane prigioniero del modo di essere siciliani, vittima di equivoci e furberie – alle pagine di Sicilia controcanti scritto da Guido Ballo, un poeta di Adrano purtroppo dimenticato: «…i siciliani hanno il sangue inquieto di sicani, di siculi fenici greci romani vandali, di bizantini, arabi, di normanni di francesi di spagnoli, di piemontesi sabaudi austriaci: il latifondo, da migliaia di anni, ha messo ai margini la legge, mai uguale per tutti nell’isola. I privilegi del potere hanno lasciato il popolo nell’attesa…».
Ecco. Questo nuovo libro di Guardì, che bene conosce la sua terra, la Sicilia, con questo romanzo di amori e misteri coglie bene i paradossi dell’Italia degli anni Settanta. Tratteggia, come fa Ballo, la fisionomia di chi vive in Sicilia. Ma la ribalta e non di poco: perché stavolta il “polentone” dimostrerà di essere più “terrone” di quelli che incontrerà nella terra dei paradossi divenuta metafora. Occasione, la lettura di questo libro, per riflettere anche sull’Italia e gli italiani di oggi. (salvatore picone)
Siamo all’inizio degli anni Settanta, a Castroianni, un piccolo paese della Sicilia che, per mancanza di litio nell’acqua corrente, registra il più alto tasso di pazzi di tutta la provincia. Dal momento che la locale sezione della Democrazia Cristiana (ma il litio non c’entra) è sospettata di reggersi su un tesseramento fasullo, viene mandato da Roma il funzionario torinese Graziano Bobbio per indagare sui brogli. Presa dallo sconforto Rosalia Calì – la ricca e avida “Sindachessa”, che fino a quel momento ha gestito indisturbata una redditi- zia attività di mazzettara – per salvare la poltrona del segretario politico e con quella anche la sua di sindaco, forzando la sua natura intrinsecamente frigida, si costringe a sedurre il polentone.
Il piano funziona. L’imbroglio sul tesseramento viene coperto. E in meno di tre mesi i due convolano addirittura a nozze – complice anche la dote di novanta ettari di terreno, grazie alla quale “il polentone” conta di dimenticare il misero stipendio da funzionario. Ma le cose si complicano quando il novello “signor Calì”, per sfuggire alla insoddisfacente vita matrimoniale, si trasferisce in campagna, dove trascorre il tempo con Tatano, suo ex commilitone, e con Celestina, bella ventenne nota per le sue esagerate prodezze sessuali. E mentre tutti in paese cominciano a spettegolare sui loro rapporti, arriva il colpo di scena: “il polentone” è stato rapito e per pagare il riscatto la moglie dovrà scucire tutte le mazzette faticosamente conquistate a suon di appalti…
Più che un romanzo, una commedia degli equivoci: esilarante per certi versi, dolceamara per altri, in cui due storie (quasi) d’amore si sovrappongono ingarbugliandosi. Ma anche il ritratto di un’Italia provinciale nella quale nessuno si salva, mentre ci si pone la sconvolgente domanda: come andrà a finire il rapimento?