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Tra i sentieri di Fra’ Diego, nella terra di Sciascia

di Salvatore Picone

Tra le tappe della Strada degli scrittori i luoghi di Racalmuto legati alla storia del monaco bruciato dall’Inquisizione e raccontato da Leonardo Sciascia in Morte dell’Inquisitore. Quattrocento anni dopo la nascita dell’eretico, nostra iniziativa prossimamente a Racalmuto organizzata assieme a “CasaSciascia”, dedicata alle moderne inquisizioni e alle torture ancora presenti nel mondo.

Ci sono luoghi in Sicilia che ancora, nel lungo scorrere del tempo che passa, raccontano antiche trame e misteri, congiure ed eresie di uomini il cui nome non è rimasto avvolto nel silenzio. Se poi rimane qualche traccia anche di antiche carte d’archivio, ed ecco che la Storia riaffiora felice. Come nel caso di un bambino battezzato tra le mura antiche della chiesa dell’Annunziata di Racalmuto il 15 marzo del 1622 il cui nome resterà legato agli anni terribili dell’inquisizione in Sicilia. Un uomo, Diego La Matina, che stregò Leonardo Sciascia, lo scrittore suo concittadino che fece dell’eresia una delle sue armi contro i “galantuomini” del suo tempo. Come fece lo stesso Diego, nato quattrocento anni fa in questo paese nell’anno in cui era signore di queste terre Girolamo II Del Carretto che sarà ucciso appena due mesi dopo nel balcone del suo castello. Mandante di quel’omicidio, secondo gli storici, fu il priore del convento degli Agostiniani Riformati. Quel piccolo monastero in cui Diego La Matina entra da giovane fino a diventare diacono. Non un convento qualunque e non monaci del tutto onesti e puri dovevano essere i frati che ci vivevano.

A ventidue anni fra Diego fu arrestato come un brigante dalla santa inquisizione. La storia ci è nota grazie a Sciascia che nel 1964 pubblicò Morte dell’inquisitore ritenendolo sempre tra i suoi scritti più cari: «Ma non si capisce – scrive – perché dall’Inquisizione, che interveniva di solito in casi di eresia. Comunque, fu quella volta rilasciato. Ma di nuovo arrestato l’anno successivo. Rilasciato ancora, tornò nelle carceri inquisitoriali l’anno appresso, 1646. Processato, ritrattò i suoi “spropositi ereticali” e ne fu assolto: ma con la condanna  di andare a remare, non si sa per quanti anni, nelle galere. Ma mentre scontava tale condanna di nuovo cadde nell’eresia… Lo riportarono in carcere, lo riprocessarono, lo condannarono a stare “recluso murato in perpetuo in una stanza”». Fuggì dallo Steri di Palermo, l’indomabile monaco: «Certamente – commentò Sciascia – si rifugiò nella campagna di Racalmuto: nella contrada e nella grotta che portano ancora oggi il suo nome».

Ed eccola ancora lì la grotta di fra Diego che si apre in una parete rocciosa di sale zolfo e gesso, circondata da tombe sicane.

Quiete e mistero suscita lo sguardo all’antico monastero degli Agostiniani. Eccolo ancora intatto nella forma. Con le piccole celle, l’atrio interno con una colonna al centro segno di un grande edificio di culto rimasto incompiuto, le stalle, il vecchio refettorio con volte a crociera. Annesso alla chiesa di San Giuliano, dopo le vicende di fra Diego iniziò il lento declino. Rimase agli Agostiniani fino alla fine del ‘700 per poi passare ai gesuiti intorno al 1813 che lo abbandonarono meno di un anno dopo. E non è da escludersi restò, a questo luogo, la macchia per aver avuto tra quelle antiche mura e tra i frati un “eretico”.

Nella seconda metà dell’Ottocento divenne un palazzo privato. Leonardo Sciascia vi mise piede nell’inverno del 1963, accompagnato da un amico, il fotografo Giuseppe Troisi, per documentare i luoghi del frate per il libro che stava scrivendo per Laterza. Andarono anche nella campagna dove si nascose fra Diego e dove poco dopo fu ricatturato: «Riportato nel carcere inquisitoriale, tra la fine di marzo e i primi d’aprile del 1657, gli venne fatto di uccidere, colpendolo con le manette che gli si stringevano i polsi, l’inquisitore di Sicilia don Giovanni Lopez de Cisneros…».

Fra Diego fu bruciato vivo a Palermo nell’Auto da fé del 17 marzo 1658. I luoghi di Sciascia, tappe della “Strada degli scrittori”, sono anche i luoghi di fra’ Diego, il racalmutese di “tenace concetto” a cui Sciascia avrebbe voluto dedicare la Fondazione che oggi porta il suo nome. «Così – disse – eretico lui ed eretico io».

Il viaggiatore, il turista, l’appassionato dei libri di Sciascia, potrà dunque visitare a Racalmuto la grotta del frate, passare dal vecchio convento ed entrare nella chiesa Madre dove, 400 anni fa, è stato battezzato questo monaco testardo, quell’uomo che con la sua eresia sociale «tenne alta la dignità dell’uomo».

Salvatore Picone